Dal 1960 si trasferisce al Milan adottato dal padre putativo, quel Nereo Rocco che lo trasformerà nel numero uno che sarà Pallone d’Oro, scandendo con le sue giocate, con i suoi gol, con le sue poesie balistiche vent’anni di calcio italiano e, per nostra fortuna, milanista. 527 partite (501 nel Milan del quale è il fedelissimo) e 128 reti rappresentano il suo bottino in serie A. Nel ’69, primo italiano, fu insignito del Pallone d’oro, magliette calcio personalizzate il maggiore riconoscimento per un calciatore a livello personale. Nella stagione 2018-2019, malgrado un inizio complicato, il sodalizio cosentino conseguì la salvezza con il decimo posto, arrivando a sfiorare persino l’ingresso nei play-off per la promozione in Serie A, che alla fine del campionato distarono appena quattro punti. Il Milan lo acquistò immediatamente lasciandolo per un’altra stagione in Piemonte a farsi le ossa. Nel maggio del ’59 Franco Pedroni, ex giocatore del Milan e allenatore-giocatore della società piemontese, portò Gianni in prova alla squadra rossonera.

Nonostante fosse partito in panchina, Gianni segna il gol del definitivo 4-3 nella leggendaria semifinale contro Germania, ma subisce l’umiliazione di giocare nella “Caporetto” contro il Brasile di Pelè solamente sei minuti, i sei minuti più famosi della storia del calcio (fortunatamente anche più famosi di quelli di Istanbul), ed in quel periodo che viene coniato il famoso slogan “se c’era Rivera non si perdeva” e sempre in quel periodo la rivalità tra i due campioni raggiunge toni epici e nazionalpopolari tanto da dividere gli sportivi di tutta Italia come solo Coppi-Bartali prima di loro. Ma sono gli assist il suo cavallo di battaglia, possiamo provare a ricordare quello che fornì ad Altafini contro il Benfica nel ’63 oppure il tacco che suggerì a Pierino Prati la seconda rete contro l’Ajax nel ’69, o quando sempre in quella serata che regalò la seconda Coppa dei Campioni, si diede alla fuga che lo portò davanti al portiere Bals, si allargò troppo sulla sinistra ed allora, con l’illuminazione di un genio, la collocò sulla testa del solito Pierino per il gol del 4 a 1. Ma forse la sua immagine più bella è rappresentata dal giorno della conquista della stella, il decimo tricolore, quando, per l’ultima volta in rossonero riuscì dove le forze dell’ordine fallirono, l’altoparlante invitava ad abbandonare una zona pericolante dello stadio, ad un certo punto uscì dallo spogliatoio armato di microfono, un tifoso arrivato apposta da Reggio Calabria dandogli del lei lo esortò a fare qualcosa per evitare l’ennesima beffa e per non tornare indietro senza successo, la scena fu commovente, seguì una breve raccomandazione e di colpo la massa umana si spostò, facendo cominciare l’incontro e cancellando in un sol colpo i dolori della “fatal Verona” e di Concetto Lo Bello, prima che il tornado del calcioscommesse si abbattesse sul diavolo e tutto ciò che sappiamo.

Svincolatosi nel corso della finestra invernale di mercato, da oggi è a tutti gli effetti un nuovo giocatore dell’Unione con soddisfazione palpabile sia del ragazzo che della Società. Oggi collabora per la terza stagione con la sestese calcio occupandosi del settore giovanile. Quello che secondo molti è stato il più grande giocatore italiano di tutti i tempi, si destreggia oggi tra i banchi della politica. Una qualità che non è riportata nelle statistiche, ma che è preziosa quanto lo straordinario fiuto del goal del più grande cannoniere della storia della Juventus: «È molto importante mettersi al servizio della squadra, in tutti i sensi», conferma Del Piero, «quello di Milano è stato un assist diverso dagli altri, mi ha fatto molto piacere perché l’ho fatto in una partita particolare e in un momento particolare, visto che eravamo appena usciti dalla Champions League». Forse fu un errore, forse una figura di tale spessore ed integrità sarebbe stata utile alla causa rossonera, forse Silvio fu troppo precipitoso, probabilmente avrebbe significato per noi quello che è stato Facchetti per l’Inter, un uomo probo e leale che forse non avrebbe permesso il prodursi di calciopoli tra le nostre fila.

event with display of vintage cars E dire che la partita del Viking era iniziata alla grande, col bel gol di testa di Patrik Ingelsten al 21° seguita al 30° dall’espulsione per doppia ammonizione del difensore del Rosenborg Vladimir Demidov. Le remore, infatti, riguardavano esclusivamente l’ambito fisico, considerato che il sedicenne campioncino era ancora in pieno sviluppo, quindi molto esile e gracilino. Il motivo di questi epocali cambiamenti è in realtà molto semplice: i dati dimostrano che a identità riconoscibili, in qualsiasi campo, conseguono grandi risultati in termini economici. In realtà, si tratta di molto dì più di un segno: infatti, i cinque fasci di luce (cinque come le lettere che compongono Il nome Scala) saranno visibili anche da molto lontano, come se tutta la città partecipasse alla festa per l’apertura dei 19 gennaio. Milano, 14 gennaio 2002 – Il progetto, sponsorizzato da Aem, si propone come una Installazione fatta di altissime colonne di luce che celebrano, con un segno luminoso, l’inaugurazione del Teatro degli Arcimboldi, disegnato da Vittorio Gregotti e sede temporanea della Scala, e segnalano a tutta la città l’evento della apertura. Il periodo di permanenza dell’installazione sarà di quindici giorni, dal 19 gennaio al 2 febbraio, per vari motivi: In questo periodo di tempo, infatti, si assisterà al debutto al Teatro degli Arcimboldi della prima opera (“Traviata”), dei primo concerto della Filarmonica e del primo balletto; nello stesso Intervallo di tempo, inoltre, si esauriranno le repliche di “Traviata”.