La selezione di Héctor Núñez ha i suoi punti di forza in Francéscoli, Fonseca, Ruben Sosa e Bengoechea e gioca un buon calcio per tutto il primo turno. Lo stemma del Siena calcio femminile era uno scudetto incorniciato d’oro, suddiviso all’interno circa a metà dal profilo, in nero, della città di Siena (in cui sono facilmente distinguibili il Duomo e la Torre del Mangia, simboli del potere spirituale e temporale della città). In neretto i capoluoghi di regione, in corsivo le città metropolitane. In vista della Coppa America 1987 il nuovo commissario tecnico effettua nuovi innesti, a cominciare dai centrocampisti Bengoechea e Perdomo e dal giovane attaccante Ruben Sosa. Sequenza rigori: Francescoli gol, Roberto Carlos gol, Bengoechea gol, Zinho gol, Herrera gol, Túlio parato, Gutiérrez gol, Dunga gol, Martínez gol. La magra rimediata in Messico produce l’immediato licenziamento di Borrás, sostituito da Roberto Fleitas. Brasile: Taffarel; Jorginho, Aldair, André Cruz, Roberto Carlos; Dunga, César Sampaio, Juninho Paulista (69′ Beto), Zinho; Edmundo, Túlio. Qui i primi due rigoristi per parte si mostrano freddissimi; poi, dopo la marcatura di Herrera, il portiere uruguaiano Alvez intercetta il tiro di Túlio. Uruguay: Alvez; Méndez, Herrera, Moas, Silva (35′ Adinolfi); Dorta (45′ Bengoechea), Gutiérrez, Poyet, Francescoli; Fonseca (45′ Martínez), Otero.

Il 12 luglio, al Monumental di Buenos Aires, l’Uruguay piega i cileni grazie alla rete di Bengoechea al 56′ e vince la sua tredicesima Coppa America, la seconda consecutiva. Nell’edizione 1997 della Coppa America, disputata in Bolivia, la Celeste viene clamorosamente estromessa al primo turno, nonostante l’arrivo in squadra di Álvaro Recoba. Dopo i gol di Gutiérrez e Dunga, si presenta sul dischetto Martínez: il giovane attaccante uruguaiano spiazza Taffarel e regala all’Uruguay la sua quattordicesima Coppa America, pareggiando così il conto con i successi dell’Argentina. L’esordio contro le furie rosse porta notevoli rimpianti alla Celeste, che sbaglia un rigore con Ruben Sosa e alla fine non va oltre lo 0-0. Nel secondo confronto col Belgio di Scifo l’Uruguay non entra mai in partita, finendo battuto con un perentorio 1-3. Per il passaggio agli ottavi occorre una vittoria contro la Corea del Sud, obiettivo sulla carta abbordabile: invece l’Uruguay rischia grosso e solo un gol di testa del giovane Daniel Fonseca al 90′ consente alla Celeste di agguantare il terzo posto. La Seleção tenta ripetutamente di trovare il 2-0 con cui pareggerebbe i conti, ma al 77′ è gelata da Aguilera: il futuro genoano batte di testa Leão e l’Uruguay riconquista dopo 16 anni la Copa América, la dodicesima della sua storia.

L’Argentina è beffata ed eliminata: sarà l’Uruguay a sfidare in finale il lanciatissimo Cile, che nel primo turno ha rifilato un secco 4-0 al Brasile. Nel 1999 la crisi della Celeste è palese. Nello stesso anno la Celeste stacca il biglietto per Italia ’90, facendo immaginare che la nazionale sudamericana stia progressivamente tornando agli alti livelli di un tempo. Nello stesso anno la Celeste fallisce la qualificazione a USA ’94: inserita nel girone contro Brasile, Bolivia, Ecuador e Venezuela, subisce la clamorosa forma dei boliviani, che strappano all’Uruguay la seconda posizione utile per qualificarsi, dietro al Brasile futuro campione del mondo. Al turno seguente il cammino degli uruguaiani si interrompe: contro l’Argentina futura campione del mondo, l’Uruguay subisce la rete di Pasculli a fine primo tempo e non riesce a pareggiare. Nella Copa América 1991, in Cile, l’Uruguay neppure supera il primo turno: i celesti, allenati da Luis Cubilla, pareggiano ben 3 gare su 4 e alla fine la differenza reti li condanna a vantaggio di Colombia e Brasile. In semifinale è invece la Colombia a cadere (2-0), lasciando all’Uruguay via libera per la finale. L’Uruguay, essendo campione uscente del Sudamerica, entra direttamente in semifinale e si trova di fronte proprio l’Argentina di Maradona e Caniggia.

Qui, il 23 luglio al Centenario di Montevideo, l’Uruguay trova di fronte il Brasile campione del mondo in carica. Ai mondiali in Italia l’Uruguay gioca al primo turno nel gruppo E, contro Spagna, Belgio e Corea del Sud. Di lì a poco fallisce anche la qualificazione ai mondiali di Francia ’98, classificandosi terzultima nel grande girone unico sudamericano, introdotto in quell’occasione dalla FIFA. Nel 1995 l’Uruguay organizza la Copa América: è l’occasione per rivincere un grande torneo, se non altro contando sul fatto che l’Uruguay ha fino a quel momento sempre vinto nelle edizioni giocate in casa. Due anni dopo, l’Uruguay torna nelle qualificazioni per i mondiali, stavolta in vista di Messico ’86. Milita nelle serie minori, magliette juve ma a vedere quelle maglie blu e bianche sugli spalti del Sportpark Neukölln si trovano in parecchi. Nelle facciate degli edifici del centro, sono frequenti delle strisce decorative nella parte alta (come pure in molte ville) e tinteggiature di ocra gialla. Lord Arthur Kinnaird, una delle prime stelle del calcio, giocava ogni partita in pantaloni lunghi bianchi. Tuttavia, non è affatto infrequente vedere la squadra giocare partite con una casacca uniforme cromaticamente, cioè coi pantaloncini bianchi soppiantati da quelli rossi; in alcune stagioni, soprattutto a cavallo degli anni 1980 e 1990, questo abbinamento monocromatico è divenuto quello fisso della prima divisa ufficiale.

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